Errico Capozzi

Nato ad Avellino il 13 aprile 1820, esponente di una delle più importanti famiglie della provincia, nel 1831 fu tra i primi studenti del Real collegio di Avellino, dove si distinse per una rara quanto spiccata sensibilità intellettuale, che lo portò ad esordire nell’ambiente letterario.
Uscito dal collegio nel 1835, si perfezionò nello studio della lingua italiana presso la scuola di Pirro De Luca e nel 1838 fu affidato dal padre Mario alle cure dell’insigne vulcanologo Luigi Palmieri, già suo professore al Real collegio, e lo seguì a Napoli.
Qui entrò in contatto con l’ambiente intellettuale di Napoli, frequentando diverse scuole private tenute da importanti intellettuali dell’epoca. Nel 1841, nel frattempo, aveva conseguito la laurea in Belle lettere e filosofia.
Dopo un viaggio di piacere in Germania, Francia ed Inghilterra, fece ritorno ad Avellino, dove nel 1845 fu nominato prima decurione e poi conservatore delle ipoteche, incarico che era già stato del padre; queste due cariche si andavano ad accumulare a quella, già ottenuta del 1839, di socio della Real società economica di Principato Ultra. Gli impegni amministrativi, tuttavia, non distrassero C. dalla sua vera vocazione, quello di essere un cultore delle arti: la sua villa del Vasto divenne in quegli anni, infatti, un vero e proprio cenacolo culturale. Tutto ciò terminò con la reazione borbonica alla rivoluzione del 1848. Nel decennio successivo egli si dedicò soprattutto a godere della sua vita di ricco proprietario terriero.
Caduta la monarchia borbonica divenne uno dei più importanti esponenti della classe dirigente liberale avellinese: fu nominato presidente del circolo dell’Unione prima e, successivamente, del Gabinetto di lettura di Avellino, ritrovi culturali con una connotazione politica, tipica del liberalismo irpino, vicina alla figura di Michele Capozzi, nipote di Errico. Partecipò attivamente alla vita politica: nel 1866, infatti, fu eletto deputato del collegio di Atripalda; tuttavia la sua elezione fu resa nulla perché incompatibile con l’incarico di conservatore delle ipoteche. Con la sua elezione aveva, però, aperto la strada al nipote Michele, consentendogli di raggiungere l’età minima richiesta dalla legge per l’elezione.
Ritiratosi a Napoli, qui morì il 2 febbraio 1890; alla sua morte, rimasto senza eredi, il suo intero patrimonio passò nelle mani dell’altro ramo della famiglia, rappresentato dal nipote Michele.

Ermanno Battista